Topolino: Orgoglio e Pregiudizio – L’arte di parodizzare l’arte

Disney non è nuova a parodie dei classici della letteratura mondiale, basti pensare all’apprezzatissimo “Don Pipotte”, chiaro rifacimento al Don Chisciotte di Cervantes, o all’altrettanto valido “Il giro del mondo in 80 giorni (siderali)”. Ma con Orgoglio e Pregiudizio si sono superati, rasentando l’eccellenza
orgoglio e pregiudizio

«È cosa nota a tutti che a un papero in possesso di un buon patrimonio manchi soltanto una fidanzata…»

Martha Lloyd, nel 1812, con queste parole inizia la lettura dell’opera scritta dalla sua migliore amica Jane Ducksten, immergendo sé stessa, e tutti noi, nel pittoresco Hertfordshire. Qui, nella piccola Longbourn, vive l’umilissima famiglia Pennet, composta da Jane, Elizabeth, Mary, Lydia, Kitty, Mrs. Elvira Pennet e zia Bridget, la quale ha una certa propensione ad accasare le proprie nipotine… e non tarda a mostrarcelo, volendo infatti combinare l’incontro tra la bellissima Jane e il ricchissimo Fethry Bingpap. I due, effettivamente, si conosceranno ad una festa, si piaceranno subito e saranno principi di una storia che, tra alti e bassi, gioia e sofferenza, vedrà trionfare quell’amore che giustamente meritano. Principi non a caso…

La palma di re e regina del racconto vanno “all’altezzoso e arrogante” amico di Mr. Bingpap, Donald Duckcy, ed Elizabeth e al percorso che condurrà quest’ultima a liberarsi di tutti i suoi pregiudizi verso un papero che, in realtà, è il più buono e amorevole del mondo. Che la ama, nonostante qualche lieve diatriba iniziale, e fa ogni cosa in suo potere, per lei e la sua famiglia, pur di dimostrarglielo.

La trama si arrichisce, inoltre, di splendidi personaggi di contorno, quali la perfida Amelia, che corteggia Duckcy solo per rubare la numero uno di Lord de Burgh (il nostro zione preferito), e il fortunatissimo, quanto scialaquatore Gaston Wicham, che ha contribuito ad alimentare l’antipatia della papera nei confronti di Duckcy, ma che avrà la fine che merita, per una volta.

Bene, avendo fatto questo doveroso sunto, passiamo all’analisi vera e propria, partendo dalla scelta, perfetta, dei personaggi. Innanzitutto un punto in favore del mondo dei paperi, si sposa benissimo con la parodia…ma poi gli interpreti…touché! Lo sbadato Paperoga nei panni di mr. Bingpap è un concentrato di risate, dolcezza e genuina demenza. Il Duckcy di Paperino è, però, la vera perfezione! La sua espressione, così realmente altezzosa, ma che nasconde sentimenti puri e pronti ad essere scoperti da chi ha la volontà di non soffermarsi alle apparenze vale da sola l’intera lettura. Tra i promossi a pieni voti anche Paperina e Gastone, ma, in generale, tutto il cast, viaggia ampiamente sulla sufficienza.

Gli schizzi preparatori di Stefano Turconi per i personaggi di Amelia e Gaston

Peccato non aver visto molto Amelia, anche se condensare la narrazione in poco più di 100 pagine totali ha i suoi pregi e i suoi difetti, e il parlarci di molte cose, non mostrandole, può avere senso visto in quest’ottica.  E se è vero che in un fumetto disegnatore e sceneggiatore viaggiano sullo stesso binario, a me preme scinderli per cercare di sviscerare al meglio il loro fantastico operato. I testi di Teresa Radice sono chiari, scorrevoli ed incalzanti, ti spingono a volerne sapere sempre di più, a girare la pagina per scoprire come continuerà la sua esemplare sceneggiatura. È inifatti riuscita a rendere perfettamente il capolavoro della Austen, cosa non semplice, con scene che – a memoria – non si vedevano da parecchio tempo su Topolino.

Il climax di fine secondo episodio, con il “ti amo” che Duckcy rivolge ad Elizabeth è rarissimo (ma estremamente appagante) per il settimanale, abituato a termini meno espliciti negli ultimi periodi, soprattutto per quanto riguarda i sentimenti. La caratterizzazione psicologica, per quanto non approfondita (giustamente) è ben delineata, ci permette di identificare subito un dato soggetto e segue la parabola di crescita e metamorfosi dei paperi, non contraddicendosi mai. Un cenno doveroso anche alla rottura della quarta parete, presente e utile a sottolineare determinati concetti (come la pesantezza dei discorsi di Pico, i quali baloon quasi schiacciano la povera Lizzy).

Passiamo quindi ai disegni di Stefano Turconi, anch’essi meravigliosi e capaci di costruire un bellissimo ambiente ottocentesco. Interessante il non voler seguire pedissequamente il classico schema Disney per quanto riguarda la disposizione delle vignette, curate a 360 gradi e ricche di dettagli. Le gag in secondo piano sono sempre divertenti, le onomatopee non parliamone proprio (da vedere e rivedere quella riguardante il ginocchio di Pico, mentre si piega, paragonata al crack durante la rottura delle noccioline). Sapiente, infine, la gestione delle scene romantiche, in grado di colpire il cuore del lettore… quanto ce l’ha fatto sudare quel bacio finale, sembrava non dovesse arrivare, ma quanto è stato bello!

Piccolo grande cimelio, questa parodia, in sostanza, cui forse si dà troppo poco valore, avendo tutte le carte in regola per essere apprezzata da ogni tipo di pubblico e mi auguro che questa recensione ne favorisca, per quanto possibile, l’acquisizione. Orgoglio e pregiudizio è spalmata su tre episodi, in altrettanti numeri del Topo (3292, 3293, 3294) e sta aspettando solo voi!

Giovanni Putaro



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