Il Nome della Rosa – Alcune considerazioni sulla serie Rai

 

Il Nome della Rosa è sicuramente una serie TV molto ambiziosa: la Rai ha puntato in alto e di questo gli va dato merito. Cerchiamo ora di capire se questo adattamento televisivo ha reso giustizia al capolavoro di Umberto Eco

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Con Il Nome della Rosa, la Rai ha puntato davvero in alto. Una serie di 8 puntate da circa 50 minuti, scene girate per tanti posti in Italia, una fotografia attenta, interpreti importanti come John Turturro, Damian Hardung, Rupert Everett, Micheal Emerson, Stefano Fresi. 

Ma la serie è riuscita ad incarnare il grandioso romanzo di Umberto Eco?

Il nome della rosa è il romanzo più conosciuto e letto di Umberto Eco, è anche uno dei romanzi italiani più tradotti e letti all’estero ed è ambientato nel 1327. La vicenda si snoda in un’abbazia piemontese, Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk sono i due indiscussi protagonisti, che devono risolvere le morti misteriose che circondano il castello di paura e terrore.

Fino a qui tutto bene, la trama principale non è assolutamente stravolta, ma ci sono delle aggiunte. Grande spazio viene infatti dato nella serie TV a Dolcino e alla sua allegra famiglia. Dolcino viene citato molte volte nel libro, attorniato da un alone di mistero quasi come non dovesse essere nominato: lui, l’eretico per eccellenza di quegli anni, in un monastero! Insomma blasfemia pura.

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La serie invece non ci lascia nessuna suspense su questo personaggio (interpretato da Alessio Boni) e non solo ce lo mostra, ma ci fa conoscere anche moglie e figlia, che nel libro sono praticamente assenti. Diciamo subito che nell’opera originale scarseggiano i personaggi femminili, forse si è voluto sopperire a questa mancanza aggiungendo personaggi a caso, ma se si bada all’ambientazione del libro non ci potrebbe essere molto spazio per dissertazioni e presenze femminili. Siamo in un monastero maschile, praticamente nella narrazione non si esce mai dai limiti abbaziali, quindi più che una mancanza, la presenza di donne sarebbe stato un controsenso.

Una cosa che è sicuramente differente dal libro, ma anche in realtà dal 1327 è la pulizia. Nel film del 1986 diretto da Annaud e con Sean Connery nei panni di Guglielmo, c’è molta cura nel riportare la sporcizia di quell’epoca: muri incrostati, pavimenti zozzissimi, fanghiglia dovunque e gli stessi personaggi non erano lindi e pinti. La signorina di cui s’innamora Adso non è proprio così lucida e meravigliosa, passando parecchio tempo in mezzo ai boschi, forse una macchia di terra ogni tanto le sarà capitato averla.

C’è stata una ripulitura rispetto a come doveva essere la realtà del 1327 e l’aggiunta di questi personaggi con le loro storylines hanno fatto sì che ci fosse molto più drama che nel libro. Insomma, quei lamenti strazianti della signora Dolcino si sarebbero potuti evitare?

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In fondo si stanno facendo indagini serie in abbazia, sono morti tanti monaci per la sete di conoscenza, è un libro a mietere vittime: oggetto di sapere e di morte insieme. Tutto questo mentre si stanno decidendo le sorti della Chiesa tra delegazioni varie e riunioni ecclesiastiche.

Non sto dicendo che non sia una serie seria (perdonate il gioco di parole), ma delle cose forse sono troppo lontane da quello che è l’intento del libro e anche lontane da quello che succedeva nel 1327.

Ma non mi sento di troncarla in pieno, infondo ha un valore enorme. In prima serata, sulla rete nazionale è comunque riuscita a portare all’attenzione degli spettatori un libro davvero importante, con messaggi che sono sempre attuali. Sicuramente è riuscita a catturare l’attenzione di molti, ad incuriosire, e tanti degli spettatori hanno letto o stanno leggendo Il Nome della Rosa, ispirati dalla serie.

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Gli esterni sono inoltre girati in posti meravigliosi, ed è indubbiamente una scelta bellissima. Rispetto al film dell’86 manca Sean, ma non si può assolutamente dire che gli attori coinvolti nella serie non siano grandissimi, quindi non c’è nessuna pecca che si può attribuire ad essi.

Alla fine della fiera qualcosa va e qualcosa no, ma è sicuramente un prodotto curato, interessante e che ha molto del libro. L’ultimo episodio, con l’ecpirosi è bellissimo e procura uno strazio unito a meraviglia quasi come il romanzo.

Il consiglio è quindi duplice: guardate la serie, perché merita, ma appena ne avete l’occasione leggete il libro perché quello merita più di qualsiasi altra cosa. Niente può farvi davvero immaginare ciò che è la biblioteca dell’abbazia e ciò che succede al suo interno meglio delle parole di Eco, raffinate, studiatissime che si perdono in mille descrizioni ma che vi daranno un quadro esaustivo e pieno di ogni cosa. Poi anche se avete visto la serie e sapete come va a finire, leggerlo riserva sempre grandi sorprese.  

 

 

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Carla Gambale

Non si ha memoria di quando abbia iniziato a leggere, ma non ho mai smesso. Lotto da tempo immemore con mia madre per farle comprare una nuova libreria. Tra un'emicrania e l'altra mi adopero a leggere, scrivere e parlare di libri, fumetti e serie tv, poi nel tempo libero studio anche archeologia

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