Febbraio 1990: sulla strada per l’Ultimate Challenge di Wrestlemania VI

Hulk Hogan contro Ultimate Warrior: la sfida che nel 1990 ha fatto tremare il mondo

Per i fan di wrestling nel 2019, il mese di febbraio è sinonimo di Elimination Chamber, pay-per-view in onda la scorsa notte (in Italia) e penultima tappa del carrozzone della World Wrestling Entertainment sulla strada dell’evento più importante dell’anno: Wrestlemania.

Ma coloro che seguivano questo spettacolo ai tempi di Dan Peterson, ogni anno, si preparavano allo “showcase of the immortals” guardando – al massimo – le puntate di Superstars of Wrestling, mentre mangiavano pane e marmellata per merenda. Infatti, fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, i PPV erano solo i cosiddetti “big four”: la Royal Rumble, Wrestlemania, Summerslam e le Survivor Series. Nel 1993, poi, se ne sarebbe aggiunto un quinto: King of the Ring. Quindi, per promuovere i grandi eventi, l’allora WWF si affidava agli show televisivi settimanali e a degli speciali a cadenza periodica. Fra questi ultimi, quello più famoso è Saturday Night’s Main Event, trasmesso in America sulla NBC, il cui grande successo produsse anche uno spinoff, con cinque puntate, andate in onda al venerdì sera nell’arco di quattro anni, dal 1988 al 1991.

E le notizie, o addirittura le immagini, degli incontri tratti dagli speciali della NBC arrivavano anche sui nostri schermi. Era quindi possibile ammirare, di tanto in tanto, i match fra le grandi star della federazione che vedevamo raramente (o che non vedevamo proprio per niente, come nel caso di Hulk Hogan) negli show settimanali, quando i big lottavano principalmente contro quegli scarsoni degli sparring partner (o jobber, come vengono definiti in gergo).

Nel mese di febbraio del 1990 – come abbiamo visto nel precedente numero di Wrestling Vintage – la WWF preparava l’Ultimate Challenge fra il campione del mondo Hulk Hogan e The Ultimate Warrior, detentore del titolo intercontinentale.

Prima dell’epico incontro, che si sarebbe tenuto l’1 aprile allo SkyDome di Toronto, entrambi i campioni furono chiamati a difendere la propria cintura nell’episodio di The Main Event del 23 febbraio. Hulk Hogan contro l’arcirivale “Macho King” Randy Savage (era il suo “periodo regale”), battuto proprio l’anno prima a Wrestlemania V, e Warrior contro l’italo-canadese Dino Bravo, al secolo Adolfo Bresciano, la cui vita sarebbe finita tragicamente solo tre anni dopo in circostanze misteriose (non è un film, anche se lo sembra: pare che fosse coinvolto in un traffico illegale di sigarette e fu freddato da un killer probabilmente legato alla mafia locale). Date le forze in gioco – l’Hulkamania e la Macho Madness – per il rematch fra Hogan e Savage, la WWF decise di affiancare, a bordo ring, un secondo arbitro a quello sul quadrato. Il direttore di gara aggiuntivo, però, non poteva essere uno qualunque: dapprima venne chiamato nientepopodimeno che il pugile Mike Tyson ma i suoi manager, poco prima dell’evento, diedero forfait. Pertanto i dirigenti pensarono bene di assumere un altro boxeur per l’arduo compito. Colui che aveva messo KO lo stesso Tyson poche settimane prima: James “Buster” Douglas .

Torniamo, dunque, a quella notte alla Joe Louis Arena di Detroit (Michigan). Prima che lo show cominci, Macho rende chiare le proprie intenzioni in un promo: se Douglas si frappone fra me e la riconquista del titolo, lo colpisco con un papagno al volto senza pensarci due volte. Da qualche altra parte nel palazzetto, il Presidente della WWF, Jack Tunney, ripassa le regole e da le ultime raccomandazioni a Buster. Hogan, nel suo spogliatoio, invece, è carico a mille, come sempre, del resto.

In genere, per pompare un incontro di fronte al pubblico, i wrestler lo definiscono “il match più importante della mia carriera” oppure “l’ultimo match fra me e il mio avversario”. Ed è esattamente come Hogan presenta questa contesa. In realtà, il promo stavolta si sarebbe rivelato veritiero, dato che questa sarebbe stata l’ultima volta che i due si sarebbero affrontati in questa federazione. Il copione sul ring è quello classico che ci piace tanto: il nostro eroe baffuto parte bene, poi soffre nella parte centrale a causa delle scorrettezze dell’avvesario e della sua “manageressa” (come la chiamava Dan) Sensational Sherri – ad un certo punto cacciata via da “Buster” Douglas nel tripudio generale – e infine reagisce, si gasa e conquista la vittoria.

In questo caso, però, il successo è macchiato da un conteggio troppo veloce dell’arbitro speciale, che si era sostituito al direttore di gara principale, accidentalmente messo fuori uso dai lottatori. E Savage non la prende affatto bene. Nel post-match, prima schiaffeggia Douglas che, forse per pietà, sembra non voler reagire. Ma Macho non è mai stato uno che si accontenta e così pensa bene di continuare la sua sceneggiata, saltellando intorno al pugile e insultando sia lui che l’Hulkster. Immaginate come sia finita, giusto? Esatto. Ad un certo punto, Hulk spinge Savage verso Buster e questi gli molla due cartoni che lo mettono al tappeto. “Quando uno se le cerca”, direbbe quel mio amico paffuto che era solitamente tranquillo… almeno fino a che non lo facevano arrabbiare…

Prima dell’incontro per il titolo intercontinentale, nel backstage, l’Ultimate Warrior parla a favor di telecamera del potere cosmico, dei guerrieri che gli sussurrano all’orecchio, delle sue ossa che hanno una composizione diversa e del suo sangue che ha una consistenza differente da quella del resto degli esseri umani. Tutto questo per spiegare che, più semplicemente, non ha paura del suo avversario né del di questi alleato, “Terreeeemotooo” (sempre grazie, Dan!). Insomma, la solita intervista meravigliosamente incomprensibile e fuori di testa di quel gran personaggio che era Warrior, che ogni volta che lo sentivi parlare perdevi il filo del discorso ma l’adrenalina ti saliva alle stelle! Nonostante le interferenze di Jimmy Hart e Earthquake, rispettivamente manager e compagno di scuderia di Dino Bravo, non c’è storia: dopo circa quattro minuti, la pratica è già chiusa. E la cintura rimane ben salda alla vita del campione in carica.

Ma è quello che succede dopo che è molto più interessante. Earthquake e Bravo cercano di vendicarsi per la sconfitta attaccando il guerriero, Hogan corre sul ring per salvare il futuro avversario. Dopotutto – avrà pensato – siamo entrambi beniamini del pubblico e se non ci aiutiamo fra noi simili, dovre andremo a finire? Ma a Warrior ‘sta cosa che Hulk si prenda gli applausi per una protezione, fra l’altro, non rischiesta non va proprio giù. E quindi i due si ritrovano faccia a faccia, pronti a mettersi le mani addosso. Fortunatamente, però, vengono divisi prima che ciò avvenga. Nel backstage, entrambi i contendenti vengono intervistati: Hogan cerca di giustificarsi spiegando che, col suo gesto, non aveva la minima intenzione di rubare i riflettori all’amico-nemico, mentre Warrior tira fuori uno dei suoi soliti (fantastici) sproloqui.

Potete quindi immaginare (o ricordare, se siete stati fan di wrestling in quel periodo) come, a quel punto, fossimo stati letteralmente catturati dallo spettacolo, fatto di tensioni pronte ad esplodere da un momento all’altro, che questi due mostri sacri avevano messo in piedi. L’unica cosa che, nelle settimane seguenti, ci permise di sopportare l’attesa dello scontro finale fu il pane e marmellata che, per fortuna, ci preparava la mamma.



Gianluca Caporlingua

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Gianluca Caporlingua

Cresciuto (???) giocando a calcio e sbucciandomi le ginocchia sui campi in terra della provincia siciliana. Da bambino, però, il sogno (rimasto nel cassetto) era quello di fare il wrestler. Dato che mia madre non mi avrebbe mai permesso di picchiare gli altri, ho deciso di cominciare a scrivere le storie dei miei eroi. Oggi le racconto filtrandole coi ricordi d'infanzia.

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