Baldios, il Guerriero dello Spazio. Ma dov’è il robot?

Baldios è una mosca bianca nel mondo dell’animazione robotica. Parlarne, conoscerlo è un dovere morale per chi si professa conoscitore del genere, appassionato, orfano dei tempi che furono, maniaco mecha-dipendente. Aggiungete a vostro piacimento, ogni definizione è ben accetta

Personalmente Baldios è il mio asso nella manica contro quei pusillanimi che non apprezzano i robots e i super robots. Nonostante Baldios dia il nome all’anime della Production Reed (1980 -1981), oltre che un peso specifico di 900 tonnellate a un numero variabile di episodi che fra poco proveremo a comprendere, dove caspita è il super robot? Quando viene usato da quel fico tutto occhi e capelli di Marin? Praticamente mai.

Ecco. Se gli anime robotici non incontrano proprio i vostri gusti, guardatevi Baldios, il robot che non viene mai usato. Poi, per non sbagliare, fatevi un esame di coscienza ed emigrate lontani da me.

Nonostante questa stramba assenza, Baldios fa parte della famiglia super mecha a pieno titolo. Inoltre ha sul capo l’effige dei samurai e Marin ha spezzato il cuore a milioni di ragazze. Aran Benjo in confronto è un principiante. Questi particolari hanno assicurato a Baldios un posto nei nostri cuori.

La bellezza di quest’anime è tutta nel dramma che potrete godere appieno solo (davvero) con la visione del film conclusivo uscito nel 1981, Baldios: The Movie. Purtroppo ai tempi non resse la concorrenza di altri anime durante la prima messa in onda e, come accennavo poc’anzi, la parte mecha venne lasciata da parte. In effetti a parte lo splendido Baldios, il resto della dotazione è anonima e lascia a desiderare; più di ogni altra cosa lo sparring nemico è assente e non va bene se ce le dobbiamo suonare con il metallo pesante. In diverse puntate Baldios non viene usato e, in ogni caso, la sequenza di agganciamento dura più degli scontri, davvero ridotti all’osso. Questa non è assolutamente una nota di biasimo, perché la strada coraggiosa intrapresa dagli autori era tutta a favore del melodramma ma, senza dubbio, il pubblico del periodo aveva fame di altro. Questi fattori hanno fatto sì che l’idea originaria di una storia da sviluppare in 39 episodi, venisse ridotta in corsa con la realizzazione di 34 puntate, per poi mandarne in onda 32 saltando la numero 31. Un vero caos. Grazie alla realizzazione del film, e all’intervento divino della Toei Animation che puntò sul prodotto qualche soldino in più, la storia di Marin e Afrodia vide la conclusione.

Drammatico dall’inizio alla fine, anime dai contenuti corposi e salti spazio temporali degni del Pianeta delle Scimmie, Baldios ci consegna la sua visione del mondo per noi che siamo giovani e crediamo negli eroi, come intonavano i piccoli del Coro di Baldios.

Faremo la conoscenza di Marin Reigan, abitante del Pianeta S-1, luogo devastato dalle radiazioni e pianeta morente. Il padre di Marin, un geniale scienziato, ha inventato una macchina per risanare il pianeta ma la fazione militare Aldebaran non ha nessuna intenzione di bonificare S-1. Il capo di Aldebaran, Zeo Gattler, mette in atto un colpo di stato, distrugge la miracolosa invenzione ed è pronto ad invadere la Terra quale luogo abitabile prescelto dove poter ricominciare. Che ve ne pare fin qui della trama? Nulla di sconvolgente, siamo d’accordo. Ora però arriva il bello.

Miran, uno dei militari impegnati nel colpo di stato, uccide il padre di Marin. Quest’ultimo, accecato dalla rabbia, fredda l’assassino di suo padre che altri non è che il fratello di Afrodia (Rosa Aphrodia), comandante supremo dell’esercito di S-1. 

Questo è lo sfondo del primo incontro tra le due anime protagoniste di Baldios, nonché la nascita di una storia d’amore intrisa di rancore e così travagliata, da conquistare anche i cuori più duri a cedere. Marin è l’eroe che non ha altra scelta se non quella d’immolarsi per una causa che non capisce fino in fondo. Afrodia è una vittima di Gattler con la sindrome di Stoccolma, la quale contrasterà con tutte le forze il suo trasporto per Marin, fino all’inevitabile presa di coscienza che nulla può contro l’amore. 

Il resto dell’impianto non è che sia debole. Tuttavia, se vogliamo perderci in elucubrazioni e ragionamenti seri su quanto il nostro Pianeta sia messo male, ad altri super robot abbiamo, con immenso amore ed ammirazione, assegnato il triste compito di farci la morale. Stesso dicasi per gli scontri pressoché inesistenti, lasciati da parte per le ottime costruzioni di trama quando bisogna agire nelle basi nemiche. Lì si che quest’anime fa la differenza.

Poco importa, perché è il taglio tragico affidato a due ragazzi belli come il sole a catturare tutta la nostra attenzione. Livelli di pathos che solo Chiho Saito ha saputo raggiungere, Marin e Afrodia sono il cuore pulsante di Baldios. A coloro che si ricordano la sigla, e a tutti quelli che per la prima volta vorranno vederla, sappiate che Marin e Afrodia quella spiaggia la raggiungeranno davvero. Tuttavia dovete vedervi il film per conoscere gli eventi. E vai con le lacrime.

La cornice a questa storia d’amore impossibile è fatta dell’arrivo di Marin nella Terra del XXII secolo, proprio mentre l’armata Aldebaran ha iniziato a sferrare i suoi attacchi. Marin viene condotto in salvo, dopo un atterraggio di fortuna, nella base segreta Blue Fixer, dove farà la conoscenza della sua squadra pronta a difendere la Terra. Verrà assegnato alla guida del Baldios, super robot sapientemente assemblato dalla dottoressa Era Queenstain con le componenti dell’astronave Pulser Burn di Marin.

Da qui in poi è una corsa verso la fine certa perché le scelte sbagliate, prima o poi, presentano il conto. Svolte nichiliste ben orchestrate e acqua a secchiate che sommerge la Terra arricchiscono Baldios di pathos catastrofico e di un bell’esame di coscienza che dovremmo farci sempre.

Tuttavia ciò che rimane impresso nella mente e nel cuore, è l’evocativa discesa di petali di rosa che si spezzano sul corpo di Afrodia (c’entra Gattler ma di più non posso dire); le sue lacrime sparse nel vento; il desiderio di Marin impresso dentro di lui dalle parole del padre morente che desiderava rivedere il mare pulito un’ultima volta.

Baldios è così carico di emozioni d’aver consegnato alla gloriosa tradizione mecha il battito di un cuore umano.

 

 

Abbiamo parlato di:

Sig.ra Moroboshi

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Contro il logorio della vita moderna, si difende leggendo una quantità esagerata di fumetti. Non adora altro Dio all'infuori di Tezuka. Cerca disperatamente da anni di rianimare il suo tamagotchi senza successo. Crede ancora che prima o poi, leggerà la fine di Berserk.

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3 Comments

  • Bell’articolo, grazie. Avrei gradito qualche parola in più sull’algida figura della dottoressa Quinstein, dal ruolo decisamente innovativo (nonchè prototipo della dottoressa Ritsuko Akagi, direi).

  • L’ho visto adesso, a quasi 51 anni, e sono rimasta sbalordita. È un anime bellissimo, angosciante e coinvolgente, credo il più bello che io abbia visto di genrre mecha. Oserei dire più bello di Gundam. Peccato per il finale: il film non rende appieno le atmosfere e la caratterizzazione dei personaggi presenti nella serie e dunque ci perde un po’. Comunque un anime incredibilmente bello.

    • Cara Monica, Baldios è uno dei nostri robottoni preferiti, la storia che lega i protagonisti è forse tra le più belle! Non è mai troppo tardi, siamo super felici che tu abbia recuperato questo grande classico <3

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